La gestione degli impianti a cippato (prima parte)

  •  La scarsa diffusione degli impianti a cippato pone numerosi interrogativi a chi voglia convertire un impianto di riscaldamento tradizionale con uno a cippato, o pensi di costruirlo ex novo. A cura di Aldo Chiariglione del
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Premessa
La scarsa diffusione degli impianti a cippato nella nostra regione, o più in generale in Italia, pone ancora numerosi interrogativi a chi voglia convertire un impianto di riscaldamento tradizionale con uno a cippato, o pensi di costruirlo ex novo.

Infatti, a partire dalla stessa fase di progettazione preliminare, occorrerebbe avere ben chiare alcune nozioni sul moderno riscaldamento a legna, cose che al momento, a quanto pare, non sono ancora nemmeno bagaglio di tutti i termotecnici "addetti ai lavori". Inoltre, anche nella costruzione di tali impianti, sarebbe necessario da parte degli stessi installatori porre maggiore attenzione ad alcune "necessità" particolari degli impianti a legna (e la questione vale sia per gli impianti a cippato quanto per quelli a legna in pezzi), mentre non è raro constatare che a volte ci si è limitati a sostituire semplicemente il generatore tradizionale con uno a legna.
Schema caldaia a cippato

Dimensionamento dell' impianto

Eppure una specifica attenzione andrebbe almeno posta al dimensionamento (potenza) della caldaia e al sistema di mantenimento della temperatura del ritorno; da questi due fattori possono dipendere in gran parte il rendimento dell'impianto e le conseguenti spese di gestione.

Infatti, mentre un sovradimensionamento di una caldaia a gas o gasolio, cosa peraltro molto frequente, non è causa di gravi problemi e costi, nelle caldaie a legna questa situazione incide in modo più consistente in quanto, anche durante le fasi di stand-by, la caldaia deve rimanere in temperatura per essere in grado di riprendere il carico alla richiesta: nelle moderne caldaie a cippato essendo grande il volume del refrattario (oltre a quello dell'acqua), le perdite per irradiazione e attraverso i gas di scarico, anche se percentualmente contenute, risultano alla fine assai dispendiose.

Inoltre, la necessità di mantenere nelle caldaie a legna una temperatura dell'acqua di mandata "alta", per evitare la condensazione dei fumi, ne accresce ancora l'effetto, per cui un sovradimensionamento, allungando i periodi di stand-by e gli avviamenti, incide significativamente sul rendimento dell'impianto.

Per valutare la bontà di un impianto non basta quindi porre l'attenzione al rendimento della caldaia, che per modelli tecnologicamente evoluti è ormai molto buono (tra l'80 e il 90%), ma occorre anche valutare il grado di utilizzazione annuo come rapporto tra la quantità di energia utilizzata e la quantità di energia apportata con il combustibile, durante l'intera stagione di riscaldamento: se il prezzo delle caldaie e del legno fosse irrilevante, si potrebbe trascurare quest'aspetto; ma così non è, nemmeno per lo stesso cippato, che pure "si dice" dovrebbe costare poco!

La scelta di una caldaia troppo grande potrebbe abbassare il rendimento annuo di qualche decina di punti percentuali e, con queste rese, lieviterebbero sensibilmente il consumo e il costo del combustibile, cosa affatto trascurabile per impianti di qualche centinaio di kW.

E questo senza tralasciare il fatto che in tutte le caldaie, durante le fasi di accensione, o di variazione di carico, i parametri di emissione si discostano sensibilmente da quelli nominali, per cui, avere una caldaia che funziona senza tante oscillazioni di potenza, significa contemporaneamente anche ridurre l'inquinamento.

Per questi motivi, nei grandi impianti può essere utile suddividere la potenza tra più caldaie; questa possibilità, oltre ad ovviare in parte al problema del sovradimensionamento (potendo parzializzare, ad esempio, il carico a seconda delle stagioni), serve anche ad aumentare la sicurezza dell'impianto in caso di anomalie o guasti ad un generatore (alcune moderne caldaie di gran potenza sono già composte da più sezioni che permettono di suddividere il carico).

Un altro sistema, che risolve in modo analogo questi problemi, sta nell' affiancare all'impianto a cippato un'altra caldaia a combustibile tradizionale, da utilizzare per integrare le punte di richiesta, per emergenza, o eventualmente durante le stagioni di basso carico, ad esempio nel caso si debba fornire una quantità di acqua sanitaria o di altri servizi in misura insufficiente per mantenere in marcia vantaggiosamente la caldaia a legna (l'uso del legno non deve far dimenticare il risparmio, o il miglior utilizzo, di questo combustibile seppure alternativo).

Si è già accennato alla necessità di mantenere una temperatura del ritorno in caldaia non inferiore ad un certo valore (è buona norma non scendere sotto i 60°), ma se questa è una cautela utile per tutte le caldaie, tanto più vale per le caldaie a legna, cippata o a pezzi che sia.

Infatti, l'assenza di un dispositivo che mantenga una minima temperatura dell'acqua di ritorno, o la presenza di un qualche sistema non proprio efficiente, è causa del deterioramento della caldaia per le corrosioni conseguenti alla condensazione dei composti aggressivi contenuti nei fumi, ma più oneroso ancora è l'aumento delle spese di gestione per la maggiore frequenza di pulizia della caldaia e la diminuzione del rendimento, per perdite di calore che se ne andranno inutilizzate al camino.

Dimensionamento del silo e tipologie costruttive

Attualmente, anche il dimensionamento del silo per l'immagazzinamento del cippato costituisce ancora una fonte di numerose perplessità, soprattutto per l'assenza di organizzazioni stabili per il rifornimento di questo materiale, sulle quali fare un sicuro affidamento e basare i propri calcoli. Anche in questo caso, già in fase di progettazione, occorrerebbe avere una certa chiarezza su alcune variabili che incidono non poco sul tipo di struttura da adottare, sulla scelta della volumetria e in particolare sulle caratteristiche del cippato da stoccare, tutti parametri che influiranno di conseguenza sul costo dell'opera.

Escludendo i depositi "casalinghi" e quelli industriali che possono avere strutture e necessità del tutto particolari, un silo, come regola, dovrebbe contenere tanto cippato da garantire intervalli di carica compatibili con il tipo di catena di approvvigionamento, in modo che vi sia sempre una adeguata scorta di sicurezza.

Le modalità di fornitura possono però essere le più varie: ad esempio, qualora il cippato sia di produzione locale e non vi siano pericoli di "crisi" di rifornimento, il volume di scorta può essere ridotto al minimo, con gran risparmio sulle opere di costruzione del deposito.

In funzione poi del tipo di rifornimento si stabiliranno quindi i volumi che rappresentano le 2, 3, 4 settimane o i mesi di consumo da garantire con lo stoccaggio; anche il consumo di combustibile rapportato alla potenza dell'impianto è funzione di altre variabili, in particolare del grado di utilizzazione dell'impianto stesso e delle caratteristiche del cippato (in linea di massima per dare dei valori di orientamento; il consumo in metri cubi di cippato per un'intera stagione di riscaldamento dovrebbe oscillare intorno a valori da 1,5 a 2,5 volte i kW di potenza dell'impianto: per un impianto da 500 kW potrebbero quindi occorrere da 750 a 1250 metri cubi di cippato).

Per quanto riguarda la tipologia del deposito, considerato che non si possono fornire indicazioni universalmente valide, salvo doverle poi correggere con numerose variabili (non esistono due impianti a cippato uguali), esistono tuttavia alcune considerazioni che l'esperienza ormai ci ha insegnato.
Tenuto conto che il sistema di rifornimento più normale è quello dello scarico diretto da autocarri o rimorchi, la soluzione del silo interrato, o comunque accessibile con portelloni dall'alto, èsenz'altro il migliore, pur se costoso anche per la necessaria impermeabilizzazione, altrettanto dispendiosa.

Se il volume, o la supefficie, supera il centinaio di metri, occorre prevedere più bocche di carico se si vuole avere un buon grado di riempimento; con una sola bocca, allo scarico si forma un cono di materiale che, oltre a non riempire adeguatamente il deposito, impedisce lo scarico o fa traboccare il materiale fuori dai portelloni.

Le misure ottimali delle bocche si aggirano intorno ai 2 x 3 m, possibilmente con aperture al fianco piuttosto che posteriori: con questo sistema di apertura laterale in caso di caduta repentina di un grosso "blocco" di cippato (cosa tutt'altro che rara), si evita che venga danneggiato o letteralmente divelto il portellone.

Per ovviare all'inconveniente della caduta di grandi masse di cippato, molto facile con il ribaltamento dei cassoni e con materiale umido, si dovrebbero usare i cassoni con pianale scorrevole; purtroppo però attualmente pochi trasportatori ne sono dotati.

Invece di costruire più bocche, per migliorare il grado di riempimento del silo, esiste la possibilità di montare un distributore interno al deposito stesso, ma è chiaramente un accessorio abbastanza costoso del quale è meglio valutare la convenienza caso per caso.

Occorre anche ricordare la tendenza del cippato a formare dei ponti, sotto i quali il materiale non viene più rimosso dal sistema di estrazione, che funziona quindi a vuoto: questo fatto è legato sia all'umidità e al tipo di cippato, sia alla forma del silo. Ovviamente più il cippato è umido più tende a legarsi e, ugualmente, più il silo è alto più il peso tende a compattarlo e a formare dei ponti: per questo motivo l'altezza del deposito non dovrebbe mediamente superare 1,5 volte la sua larghezza.

Anche per queste evenienze, sono da prevedere porte di accesso al silo, situate in posizioni opportune; non si deve dimenticare inoltre la pericolosità di accesso nel deposito dove, in seguito alla fermentazione del legno, si potrebbe avere forte presenza di anidride carbonica e conseguente pericolo di asfissia. A questo scopo, si devono installare impianti di ventilazione che servono contemporaneamente ad allontanare l'umidità del cippato e ad aumentarne di conseguenza la resa. Il sistema di estrazione del cippato dal silo più comune è quello a rastrelli di profilato in acciaio.

Questo è costituito da segmenti di profilati a cuneo che, mossi avanti e indietro da pistoni idraulici, portano il cippato a cadere in una coclea trasversale, a sua volta parte integrante del sistema di alimentazione della caldaia.

Di Aldo Chiariglione
Energia & Ambiente s.r.l.
www.energiambiente.com

Fonte: Regione Piemonte
Assessorato Economia Montana e Foreste
Assessorato Agricoltura
Atti del Seminario "Approvigionamento e gestione degli impianti termici alimentati a cippato di legno".